Capitolo 3
La situazione sotto il punto di vista socio-politico
In un primo tempo la vita trascorreva tranquilla nel paese. I rapporti erano improntati a rispetto e benevolenza anche se, in fondo in fondo, si amava mantenere una certa distanza, assicurarsi una discreta autonomia, ridurre il rapporto al necessario, al dovuto anche per evitare ingerenze poco gradevoli o troppi controlli limitativi. Del resto la posizione economica raggiunta da parte degli erto-cassanesi garantiva una buona autosufficienza. Ben presto però cominciarono le difficoltà nel trovare l’accordo e l’intesa tra le persone. Il nodo di tutto era l’interesse. Ogni gruppo umano, portava con sé tradizioni, mentalità, usi e costumi che lo differenziava dagli altri. Se da una parte tutto questo poteva essere una ricchezza da condividere in realtà risultò un elemento che rendeva fragile la convivenza che si intendeva costruire. Gli inevitabili problemi che il vivere insieme comportava, non tardarono a riaccendere quelle tensioni che le vicende storiche avevano generato tra la comunità ertana e quella cassanese, ma tanta maggiore forza ora che dovevano convivere e formare un’unica realtà. A loro volta ambedue avevano delle difficoltà di convivenza con i “forestieri” che nel paese avevano raggiunto una consistenza numerica considerevole ma tuttavia avevano poca rilevanza ai vari livelli della vita sociale. La mentalità di questi ultimi era difficile da definire. Coloro che provenivano dalle città e anche da centri minori, avevano una certa elasticità mentale, per cui si ponevano di fronte alla realtà senza tanti pregiudizi e in atteggiamento di attesa per vedere cosa succedeva. Altri invece che provenivano da zone più o meno simili a quelle degli erto-cassanesi, erano aperti solo in apparenza per non sfigurare di fronte agli altri, e cercavano di nascondere la loro chiusura, inventando pretesti per tenersi in disparte dalla vita del paese. Coloro poi che erano presenti in paese con la previsione di una permanenza limitata, si trinceravano in un isolamento assoluto riducendo all’indispensabile la loro presenza nel contesto del paese. Il livello occupazionale era soddisfacente; un buon numero di persone lavorava nel settore metalmeccanico e coltellinaio; la maggior parte era occupata nella zona industriale di Maniago, creata con i fondi per il Vajont; altri lavoravano con le imprese edili del luogo. Alcuni, infine, emigravano al seguito delle grosse imprese nazionali e internazionali. L’organizzazione della vita sociale e il commercio avevano un lento, difficile ma progressivo sviluppo. Gli sforzi di tutti si concentravano prevalentemente nel lavoro produttivo e nel guadagno a tutti i costi. E’ evidente che dove c’è corsa al denaro, dove c’è lotta per il potere, dove c‘è pregiudizio verso il forestiero, là viene meno anche la serenità di rapporti, e facilmente sorgono lotte e divisioni. Già con i primi arrivi al “Luogo del Giulio” era stata provveduta la scuola materna e anche elementare, sistemate provvisoriamente in locali presi in affitto. La struttura edilizia per questi servizi sociali sarebbe sorta in un secondo momento. Lo stesso dicasi per quanto concerne il servizio religioso. Anch'esso infatti, prese avvio con la presenza saltuaria del prete fin dall’inizio dell’insediamento tale presenza divenne regolare alla fine del 1969 quando il parroco prese fissa dimora a Vajont. Amministrativamente il paese dipendeva dal Comune di Erto e Casso che aveva sede in Cimolais (PN), ma nel luglio del 1971 divenne Comune indipendente. (Qui puoi vedere la Pergamena rinchiusa nella prima casa costruita a Vajont)